Hozro: materiali sugli artisti liguri





Rodolfo Vitone, W, 1970

 



RODOLFO VITONE FRA TECNOLOGIA E METAFORA

 

A pezzi e bocconi, magari, e quasi estratto a forza - con una tenacia che rasenta la cocciutaggine - attraverso pesanti cortine d'indifferenza, qualche tratto della nostra vicenda culturale recente (talvolta ancora in svolgimento) emerge di quando in quando a testimoniare la sotterranea persistenza d'una ricerca appassionata e rigorosa, che ha saputo misurarsi in maniera tutt'altro che subalterna con la contemporaneità.
E' il caso di quel movimento, ricco di accentuazioni teoriche e di soluzioni operative diversificate, sviluppatosi negli anni '60 attorno alle tematiche della scrittura visuale, sul quale mostre quali "Scrittura visuale a Genova" (tenutasi al Teatro Falcone nel 1980) e "Corrado D'Ottavi e la ricerca verbo-visiva a Genova (allestita al Museo di Villa Croce nel novembre 1988) hanno richiamato l'attenzione.
In quest'ambito, un particolare rilievo ha assunto l'apporto di Rodolfo Vitone, di cui La Polena espone in una vasta antologica lavori eseguiti nell'ultimo ventennio.
Un apporto multiforme che gli ha fatto indossare, volta a volta, i panni del cineasta, del critico (ha tenuto, fra l'altro, la rubrica d'arte del Corriere Mercantile fra il 1966 ed il 1972), dell'editore, dell'animatore di gruppi culturali, del docente, oltre che d'artista visivo.
Un breve sguardo al suo percorso lo vede impegnato ventenne, nell'immediato dopoguerra (1947-50) nella realizzazione di cortometraggi ove, sulla scia di Man Ray e del cinema surrealista - allora quasi del tutto sconosciuto in Italia - sperimenta nuove possibilità di espressione filmica.
Si accosta quindi alla pittura, esponendo in collettive e realizzando la prima personale nel 1957. Partecipa l'anno seguente alla fondazione del "Gruppo Studio" (che darà poi vita alla rivista "Tre Rosso" ed alla Galleria "La Carabaga") nel cui ambito matura, con la realizzazione di grandi tele segnaletiche a righe bianche su fondo nero, il distacco da una fase pittorica (documentata in una mostra tenuta la scorsa stagione alle Prigioni di Sestri) ancora legata ad elementi di paesaggio.
Nel 1963, dopo una breve esperienza parigina, diviene l'editore di "Marcatré", la rivista animata da Eugenio Battisti - poi divenuta una delle voci più accreditate nel dibattito culturale sollevato delle neo-avanguardie - che allora iniziava le pubblicazioni.
Frattanto la sua ricerca pittorica si andava orientando verso composizioni ove l'immagine tecnologica trova una sorta di contrappunto, quasi un equilibrio, nella dislocazione di lettere e personaggi (sempre anonimi e risolti graficamente), in un concentrarsi dell'attenzione "sullo scontro dialettico tra residui di umanità e residui del mondo dei consumi, frammenti di parole e frammenti di motori, di macchine, ad esempio" (Accame). Con lavori ascrivibili a questo indirizzo, in cui un possibile risvolto pop è ribaltato dalla sottolineatura critica del "carattere di finzione precostituita" degli elementi grafici assunti nel quadro, si apre appunto la mostra della Polena, che prosegue con assemblaggi ove la comparsa di elementi fortemente connotati sembra suggerire l'instaurarsi di una nuova - pur se controllata - tensione metaforica, sino alle opere ultime nelle quali il supporto (su cui spiccano, in rilievo, segni alfabetici ingranditi) appare schermato da un velo di carte dattiloscritte, sgualcite, tenuemente colorate, che dissolve la nettezza oggettiva della comunicazione attraverso il diaframma leggero dell'emotività individuale.

s.r. (1988)




Rodolfo Vitone, Anacenòsi, 1965

 





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