Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





L'AZZURRO MENTALE DI SPALLETTI

L'attività di Locus Solus - rarefatta e, nel contempo, ricercata - conta già al proprio attivo, in quest'ultima stagione, una personale di Remo Salvadori ("Triade"), inaugurata a fine settembre, la realizzazione di un multiplo ("Tombeaux") di Jan Vercruysse, una singolare collettiva ("Galleria"), concepita da Pier Luigi Tazzi come uno di "quei giochi in cui legge e caso s'intrecciano", ove sette lavori (di Spalletti, Salvadori, Vercruysse, Bagnoli, Fortuyn - O' Brien), già esposti nello spazio di Via Garibaldi, erano dislocati nella medesima posizione da essi occupata in precedenza, creando in tal modo una rete di relazioni fra attualità e memoria da cui emerge che "in fondo l'immutabilità della legge è effimera e relativa quanto la molteplicità del caso é costante e assoluta".
Č ora la volta di Ettore Spalletti, uno degli artisti inclusi da Germano Celant - non senza un margine d'arbitrarietà - nell'alveo inespressionista, da tempo seguito da Vittorio Dapelo e Uberta Sannazzaro che nell'87, con "Guardando verso Nord Ovest"), ne avevano presentato la prima comparsa genovese.
La personale in corso - affiancata dalla pubblicazione di un piccolo volume di Francesca Pasini, "Fra te e me", con quaranta disegni dell'artista - raccoglie lavori eseguiti in differenti periodi, idealmente accomunati dall'azzurro ("l'unico colore che non esiste in natura ... e l'unico che ci avvolge sempre: nel cielo sopra di noi, nel mare che ci circonda") steso in un friabile impasto di gesso e pigmento a velarne le superfici; dall'appartenenza "a quel nuovo corso costruttivo che - come ha di recente affermato su Flash Art Giacinto Di Pietrantonio - fa dell'azzeramento dell'opera il punto di partenza di un nuovo mondo spirituale in comunione con un differente universo mentale".
Più che d'azzeramento, forse, occorerebbe tuttavia parlare d'una sospensione, d'un porsi dell'operazione artistica come "luogo dell'intervallo" che sospende la comunicazione e rimanda, assumendo forme elementari sempre lievemente sfalsate rispetto alla banalità delle volumetrie canoniche, al "profilo tipico degli oggetti originari in cui si condensa il perenne problema dell'uomo del conservare, custodire, salvaguardare la nascita e la creazione" (Pasini).
Così un cono sottile, rovesciato, di marmo, che reca alla sommità un incavo, inclinato a poggiare sulla parete, si muta in "acquasantiera", mentre una struttura in legno, svasata verso l'alto, resa come trasparente dall'azzurro, diviene un'"anfora".
Cosė ancora una "Coppia" di tavole, lievemente in tralice, custodisce il silenzio dell'azzurro, schermato da una tonalità più sorda, proiettandolo verso la parete e, su un basamento, una sezione di tunnel che ripete lo schema architettonico della galleria allude all'intenzione di permeare l'ambiente d'un'immaterialità sensibile, trasformandolo da contenitore d'oggetti a deposito d'essenza.

s.r. (1989)





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