Hozro: materiali sugli artisti liguri







SERGIO PAVONE: L'OGGETTO ARGUTO

Non mi sovviene se le parallele s'incontrino (o meno) all'infinito. Di certo tuttavia così farebbero - se fossero assimilabili appunto a rette anziché ad arrischiati zig-zag - le due direttrici di fondo dell'arte: la ricerca di nuovi linguaggi (sia essa perseguita mediante la trasgressione o mediante il progetto) e la propensione decorativa.
E ad una svolta di quest'ultima pista, confortevole ed accattivante in apparenza ma in realtà non meno vischiosa, disseminata di trabocchetti, della prima, che accade d'imbattersi nel lavoro di Sergio Pavone. Scrutandone i serpenti di fuoco, le pin-ups, gli splashes, i giardini folti di allegre siepi tondeggianti, vien fatto di pensare ad un'arte - è stato Oldenburg a congetturarla - "dolce e stupida come la vita stessa".
Ma questa svagata felicità non si raggiunge che esercitando una sequenza di scatti fantastici, realizzano una sovrabbondanza euforica che si deposita nelle patine spesse e brillanti, nel geroglifico pop che ricopre questi simulacri, mutanti capaci di eludere all'antitesi wölffliniana fra "plastico" e "pittorico".
Di questi ornamenti (in cui si celano, a pensarla con Loos, altrettanti delitti, peraltro giocosamente macchianti) Pavone contorna il proprio moto estetico, guizzo iperbolico di un'immaginazione che s'ingegna a scampare Icaro dalla catastrofe anteponendo ai raggi solari una pavida nuvoletta; che - nei panni di Newton - preferirebbe alla speculazione teorica sulla forza di gravità l'attardarsi a contemplare i colori della mela caduta.

s.r. (1986)




FRA ARTE E TECNOLOGIA

Se dell'esistenza d'un legame profondo fra svolgimenti artistici ed evoluzione tecnologica non può dubitarsi (senza peraltro aderire necessariamente alle tesi che sull'argomento ha sviluppato uno studioso come Renato Barilli, secondo il quale il principale "filo conduttore" dell'intera vicenda artistica contemporanea consisterebbe nell'avvento della tecnologia elettrica e, quindi, elettronica) abbastanza inconsueto è che all'interno di un'esposizione dedicata alle nuove frontiere della produzione nel campo dell'Intelligenza Artificiale venga riservato all'arte uno spazio specifico.

E' quanto e' accaduto a TEC '88 (Forum europeo delle tecnologie e della competitivita') svoltosi a Grenoble dal 12 al 15 ottobre scorsi ove è stato presentato "Punto Zero", una creazione multimediale nata dalla collaborazione di un artista visivo (Sergio Pavone) con un compositore (Giuliano Palmieri) e realizzata con l'intervento di due danzatori e coreografi (Claude Coldy e Patricia Olive), che costituisce uno sviluppo della performance ("The Fantastic Universal Frame") presentata da Pavone e Palmieri alla Polena nel gennaio di quest'anno.

In "Punto Zero" (punto potenziale, punto di partenza di nuovi linguaggi, di nuove sensibilità) il computer assume la funzione di "catalizzatore" di relazioni inedite fra parole, movimenti, suoni, oggetti, spazi, determinando il formarsi di "un campo d'energie interattive" tra la scenografia fluorescente di totem, pietre, bersagli allestita da Pavone, le voci, i movimenti dei danzatori e la musica elaborata elettronicamente da Palmieri.

"Partecipare al TEC - dice Pavone - è stata un'esperienza eccitante, anche se molto faticosa soprattutto per i problemi di allestimento del contenitore. Coldy e Patricia sono stati bravissimi : hanno visto l'ambientazione in cui avrebbero dovuto muoversi solo a poche ore dall'inizio e sono andati in scena praticamente senza prove."

'Punto Zero" ha avuto successo anche sotto il profilo del marketing, abbiamo lanciato l'idea che le mie ambientazioni multimediali potessero divenire il supporto per nuove operazioni di comunicazione. Non solo si sono stabiliti contatti con il Museo d'Arte Moderna di Grenoble e con il Festival d'Arte Elettronica di Rennes, ma ci è stato chiesto di realizzare uno spot pubblicitario per una società che confeziona tute antiatomiche che - neanche a farlo apposta - sono fluorescenti e che già indossavo nella performance nella mia parte di Androide."

"Probabilmente - conclude l'artista - ciò che più ha suscitato interesse è stata la nostra capacità di utilizzare la tecnologia in un modo diverso, portandola ad una dimensione umana, aprendola ad una nuova forma di sensibilità..."

s.r. (1988)




SERGIO PAVONE-GIULIANO PALMIERI : "THE FANTASTIC UNIVERSAL FRAME"

Che nell'attività di Sergio Pavone - portata ad eludere gli schemi classificatori fondati sulle diverse tecniche artistiche mediante contaminazioni fra i diversi media (quali risultano appunto le sue "pitto-sculture") e ad espandersi nell'ambiente - sussistesse latente una corrispondenza con le discipline musicali (o, più specificamente, con l'immagine derivata dall'elaborazione videografica del suono) già era attestato da una serie di lavori su tela - peraltro, salvo errore, mai esposti - ove il rigore dell'effigie tecnologica si legava al dispiegarsi d'una esuberante enunciazione cromatica.

La mostra-installazione realizzata con Giuliano Palmieri, compositore ed esecutore di computer-music, esibisce scopertamente questo rapporto, volgendosi ad istituire una totalità ambientale fondata da un lato sulle opere disposte negli spazi della galleria e, dall'altro, su accorgimenti (colori fluorescenti, luce di Wood, laser) che con esse interagiscono nonché sugli apparati elettronici che consentono di operare una sorta di trasposizione sonora, restituita a sua volta dai monitor in termini visuali, della performance.

Questa prevede il compimento di quattro stazioni, affrontate dal performer e dagli spettatori in successione, con il supporto di un collage di testi da Platone, Bonito Oliva, Herrigel e Blade Runner.

Dagli spostamenti, dalle parole, dai rumori rilevati da microfoni e fotocellule prende forma la sequenza musicale, basata su strutture matematiche modellate a partire dai lavori di Pavone, aperta comunque all'intervento in tempo reale dell'esecutore.

Si determina un ambito "dove ciò che si coltiva è l'effetto speciale, la simulazione più sofisticata" - pur connotandosi, secondo quanto nota in catalogo Enzo Cirone, come "uno spazio poetico" -, dove le percezioni ottiche, tattili, sonore si compongono in un meccanismo analogo a quello "che ha permesso l'origine stessa della vita e quindi l'origine della storia dell'uomo".

s.r. (1988)




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