Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





PAYSAGE À MOTS

"Presto si potrà temere di vedere la letteratura divenire niente di più di una disposizione tipografica".
Realizzata solo in parte (lungo i versanti futurista prima e concretista poi), assunta e contraddetta dai lettristi, aggirata dagli esponenti della poesia sonora, complicata dai cultori della poesia visiva, questa profezia negativa (ma lo è poi davvero?) di Pierre Reverdy trova corrispondenze significative nella pittura del '900.
E non solo nell'ambito di alcuni dei movimenti cui s'è accennato, dove appare agevole la trasposizione dell'esperienza verbale alla sfera visiva e musicale. Come nel caso del Futurismo, ove si palesa nella contiguità temporale fra le marinettiane parole in libertà di "Zang Tumb Tuuum", le tavole di "Guerrapittura" realizzate da Carrà e la musica rumorista di Russolo. O nell'ambito lettrista, dove invece si perviene ad una vera e propria saldatura fra poesia, narrativa e pittura all'interno d'una dimensione ipergrafica di nuova invenzione, esemplificata alle soglie degli anni '50 ne "Les Journaux des Dieux" di Isidore Isou ed in "Canailles" di Maurice Lemaître.
La parola - più che la lettera - si delinea infatti come motivo pittorico, inserto oggettuale o come elemento concettuale di spiazzamento in opere elaborate da artisti inclusi in svariate altre correnti. Tra i frontespizi di quotidiani inclusi in talune composizioni cubiste ed i collages dadaisti di Schwitters; fra i tradimenti delle immagini di Magritte ("Ceci n'est pas une pipe", 1928/29) e le esplosioni policromatiche sulle quali Jasper Johns ha impresso parole utilizzando stampi metallici, senza dimenticare i "dessin-mots" del movimento CoBrA (1948/1953) o tele-manifesto del tipo di "Abolition du travail aliené" (Gallizio/Debord, 1959), gli impianti tautologici di Joseph Kosuth od i graffiti degli anni '70/'80, il panorama dell'uso iconico della materia verbale si presenta complesso.
Anche le ragioni di quest'irruzione gutenberghiana nella pittura contemporanea sembrano dislocarsi su versanti diversi, mentre risulta evidente il distacco sia dagli aspetti simbolici sia dalle componenti mimetiche peculiari alle intersezioni verbo-visive (carme figurato, calligramma ecc.) coltivate in periodi anteriori.
Nuove forme di realismo, entro cui spicca l'affichisme, l'assunzione degli emblemi della cultura popolare o di schemi pubblicitari (riconoscibili, seppure con intenzionalità antitetica, negli slogan di Jenny Holzer o nei lavori di Barbara Kruger), suggestioni di ascendenza filosofica, modalità espressive mutuate da culture marginali, hanno contribuito a fornire sostanza a questo fenomeno, che in qualche modo sembra precorrere l'intreccio di parole e immagini esasperato nell'ultimo scorcio di tempo dall'introduzione dei linguaggi e delle reti informatiche.
Talvolta però l'infiltrarsi della parola (e della lettera) nel campo pittorico evoca - analogamente a ciò che accade in un dipinto quale "Ceci est la couleur des mes rêves" di Mirò (1925), ma estendendo l'impatto dell'espressione scritta oltre la carica significazionale del titolo - un coivolgimento immediato con la materia pittorica, con il cromatismo intenso che scaturisce dal fondo della tela.
Così, nella serie di lavori realizzati in un breve arco di tempo, tra la fine del 1991 ed il primi mesi del 1992, da Giorgio Moiso, assistiamo all'emergere spontaneo, quasi prefigurato nelle congiunzioni e negl'intrichi di rami e canne - soggetto prevalente nei dipinti della prima stagione dell'artista - di un dettato verbale che dapprima ("Il mondo dei segni colorati"; "Piccolo paradiso" 1991) si volge ad individuare il tema dell'opera, allacciandosi ai suoi elementi figurali o disperdendosi a tratteggiarne l'atmosfera, e quindi - come accade in "Lettere nel blu", del 1992 - entra con decisione nel lavoro, costellandolo di sequenze irregolari ove la trascrizione onomatopeica (shhh), le sequenze di vocali, l'affollamento di caratteri accostati gli uni agli altri, talora senza un senso intellegibile, dà vita a tavole graffite secondo andamenti scanditi ritmicamente dall'espansione e dalla contrazione dimensionale dei caratteri.
Entra allora in campo, nei "Giochi di parole" o nella "Gioia di scrivere" (1992), un nuovo paesaggio in cui le configurazioni degli elementi naturali sono sostituite da lettere e parole affondate in campiture cromatiche discordanti, seguendo il flusso non preordinato di un'improvvisazione visuale, di una ricongiunzione fra "parole" e "mondo", di un'articolazione immediata tra "essere" e "fare".
La scrittura, "intermediario che mette in contatto le marche delle quantità che lingua e disegno posseggono in comune" facendo sì che - secondo quel che afferma Giovanni Pozzi - "le masse e le posizioni dell'entità delle posizioni linguistiche", tracciate sulla tela o sul foglio, "divengano per ciò stesso linee e superfici", istituisce una trama di segni vibranti, le cui singole identità finiscono per fondersi, al modo degli elementi d'un paesaggio raffigurato naturalisticamente, in una trama d'insieme.
Nello stesso tempo la radice acustica dell'espressione verbale consente d'intravedere - secondo quel che già s'è adombrato - nella scrittura non soltanto un tracciato grafico significante ma una sostanza recitativa o addirittura musicale connessa all'attività di strumentista lungamente esercitata dall'autore, animata sinestesicamente dai valori cromatici del fondo sul quale è distesa.
Se l'emergere primo della scrittura ha in Moiso un tratto prossimo all'automatismo, incurante tanto della comprensibilità quanto della grazia compositiva, che approda alla situazione, individuata già nel '600, per cui "la barbarie diviene squisitezza, … l'inesistenza di significato energia", nei lavori successivi ("Campo rosso"; "Scritto misto", 1992) la corsività elegante del segno raggiunge esiti d'eccellenza: una maturazione estrema che dissolverà nuovamente i "frutti proibiti" della lingua in percorsi gestuali scanditi d'impulso, con il colore nelle mani, con le dita che - ha scritto Renzo Mantero - "senza protesi di pennelli, danno e ricevono sensazioni … che non cominciano né finiscono mai".

s.r. (novembre 2002)





HOME PAGE

ARCHIVIO ARTISTI

MOSTRE A GENOVA