Hozro: materiali sulle arti visive a Genova








NENE MARTELLI ALLO STUDIO B2

La ricerca condotta, lungo gli anni '60'70 a Torino, nell'ambito di espressione segnico-informale che trovava un punto di riferimento nel magistero e nel fervore organizzativo di Michel Tapié, si conferma per Nene Martelli, a distanza di tempo, ricca d'implicazioni attuali.
Se nel periodo cui s'è fatto cenno, ormai storicizzato, l'artista - secondo quanto scriveva il teorico dell'art autre presentandone nel 1977 il lavoro all'International Center of Aesthetic Research - era giunta "ad organizzare superfici press'a poco quadrate tramite un certo numero di sotto-insiemi, sovente formati di tre volte tre elementi" superando tuttavia il carattere schematico di un tale impianto grazie ad "una libertà che non smarrisce il proprio rigore" quale si riscontra nel grande trittico - riproposto nell'odierna personale allo Studio B2 - "realizzato su tre tele allungate che recano al centro, ciascuna, un quadrato composto di nove elementi, pretesto di un gioco grafico particolarmente felice", oggi la strutturazione modulare dello spazio sembra assoggettata ad un procedimento di blow-up ove la compattezza costruttiva sembra in procinto di sfaldarsi ed emerge invece un cromatismo più acceso e limpido.
Analogamente, gli interventi segnici, un tempo sovrapposti alla partitura di fondo come grafia (o ipergrafia nei senso mutuato dai Lettrismo) iterata ed evocativa, si fondono ora più intimamente nel dipinto, rarefacendosi e dilatandosi in ampi accenni curvilinei, dando luogo ad un'immagine sintetica e, nel contempo, singolarmente aperta. A spazi che - annota Stelio Rescio - "si direbbero della meditazione silenziosa. Ma sempre in un equilibrio problematico che, rifuggendo dalla staticità-continuità, si dispone, ogni volta, all'azzardo".

s.r. (1992)



NENE MARTELLI AL BRANDALE

"Se, per ragioni inerenti alla ricerca estetica, si perviene a dissociare la tautologia struttura-contenuto, propria di ogni opera completa, si deve procedere nell'universo strutturale sino all'insieme di tutti gli insiemi, utilizzando il linguaggio formalizzato della logistica post-cantoriana, non per applicare ricette sintattiche, ma per tentare di viverne un poco gli assiomi, al di qua della base del mondo percettivo dell'uomo nella situazione attuale, come nozioni e postulati che presiedono alle geometrie umanistico-euclidee tanto esplicitate nell'era precedente. Quanto al contenuto, la cosa sta altrimenti, e di fronte ad un'opera d'arte non figurativa e non geometrica ci s'imbatte di primo acchito in lacune linguistiche, in un linguaggio che non esiste ancora".
Così nella sua "Introduction à la connaissance esthètique" Michel Tapié caratterizzava l'orizzonte problematico delineatosi nel campo dell'arte verso la met del secolo, con il passaggio dagli schemi di un classicismo ormai degenerato in accademia, seppur sempre "storicamente prestigioso", all' art autre, annunciata dalla tabula rasa dadaista ed esplosa con il dripping pollockiano, in cui vigono criteri e sistemi operativi radicalmente diversi, "altri" appunto rispetto alla tradizione antecedente.
Non è a dire quanto una simile formulazione teorica risulti tuttora dirompente in un contesto che si appaga di pseudo-rivoluzioni e di parvenze di novità; a questo punto occorre tuttavia entrare in un ambito specifico che la ricostruzione tapiesiana degli espaces abstraits identifica a fianco di alcuni altri "sotto-insiemi", dall'abstraction lyrique all'ipergrafia lettrista, dalla "metafisica della materia" al baroque ensembliste (di cui sono esempio le sculture di Gianni Fenoglio): quello delle "strutture di ripetizione".
Qui, fra le ricerche fondate sull'"efficacia algoritmica" dell'elemento grafico iterato, trovano infatti collocazione i lavori realizzati da Nene Martelli nel primo scorcio degli anni '70. Si tratta di tele il cui fondo - pur preservando, in generale, un minimo d'irregolarità - appare strutturato rigorosamente, con l'impiego di un modulo quadrato (per lo più in foglia d'oro) che d luogo ad un agglomerato uniforme di blocchi movimentato dagli interstizi che vi s'incrociano schiudendolo, in certo modo, su un livello sottostante.
All'interno dello spazio così scandito l'autrice inscrive sequenze di segni: talvolta ordinate su tracce lineari e come volte a restituire attraverso impercettibili varianti grafiche, tramite addensamenti e rarefazioni, una sorta di archetipo della pagina; disposte, più sovente, secondo un andamento centrifugo o comunque sfalsato e debordante, quasi a suggerire il coinvolgimento nella costruzione pittorica di un piano ulteriore, contiguo al fondo ove si dispiega la dialettica aperto/chiuso cui s'è fatto cenno e contrassegnato dall'immaterialità.
Si comprende, da ciò, come la struttura iterativa non si esaurisca - nell'opera di Nene Martelli - nella proposizione un segno predeterminato ma divenga, piuttosto, una sorta di variazione diffusa, seguita istante per istante, pretesto "des jeux graphiques heureux" (Tapié, ancora) condotti misurandosi con l''immer wieder, il "sempre di nuovo" rilkiano che Pietro Chiodi elevava, in uno scritto apparso su "I 4 soli", a tratto costitutivo dell'arte.
Di un "desiderio di sublimazione del segno per una ricerca di spiritualità e di libertà" scriveva nel 1986 Luciano Cherchi, introducendo una personale dell'artista all'Antico Castello di Rapallo. Una ricerca di libertà da cui il segno stesso viene trasformato, abbandonando ogni pur remota sembianza alfabetica per semplificarsi in segmenti isolati o giustapposti ed in accenni curvilinei (talora dissimulati in una materia fattasi cromaticamente più vivace) sino a far emergere, nei lavori del periodo più recente, primitivi mandala.
Anche l'ordinata scompartizione del fondo si è modificata in misura sensibile, assumendo in positivo aspetti d'incompletezza e di multivalenza, aprendosi a quella dissimmetria che Pinot Gallizio invocava contro la Noia Cristallina, disponendosi insomma - come ha osservato Stelio Rescio - all'azzardo. Percorso controcorrente in tempi di arte postumana e digitale, compiuto avendo per sempre di mira quell'"incantamento" passionale che, secondo Luigi Moretti (e Tapiè con lui), costituisce il nucleo dell'esperienza creativa.

s.r. (1993)



SEGNI, INSIEMI, NODI

Dopo un esordio figurativo ed un intermezzo votato ad una forma l'astrazione che, per le sue componenti energetiche e la disposizione centrifuga, potrebbe definirsi "nucleare" se il termine già non designasse uno specifico movimento, la ricerca artistica di Nene Martelli si è a lungo concentrata nell'impresa di congiungere in un equilibrio fragile e penetrante la scansione rigorosa dello spazio della tela e la libertà del segno, talora svariante a creare oblique vie di fuga ed inscritto invece, in altre occasioni, in sequenze ripetitive e al tempo stesso mutevoli nei riquadri dorati stesi a compartire il fondo.
L'ambivalenza latente di questi sotto-insiemi - ove i grafismi elementari più frequenti (ed universali) si susseguono accostati gli uni agli altri in un assetto serrato che non abolisce ma sottolinea, piuttosto, le diversità - propone al fruitore una sorta di enigma, che non può esser sciolto se non abbracciando una visione che sovverta l'usuale senso dell'ordine, integrandovi il portato singolare di ogni esperienza praticabile.
La felicità degli esiti, rilevata da un autore dell'importanza di Michel Tapié, non è però valsa a restringere il processo creativo dell'autrice in una dimensione che, pur suscettibile d'innumerevoli varianti, avrebbe potuto sfiorare il limite dell'autoaccademismo.
E' in certo modo la sua stessa lucidità ad indurla a intraprendere, oggi, la traversata di una regione caotica - almeno in apparenza - ove i lineari tracciati paratattici praticati nella fase anteriore s'intrecciano in un groviglio che da vicino riprende la morfologia complessa del nodo.
Più che riprendere l'antica tradizione ornamentale (i cui esempi sono diffusi a livello planetario: dalle decorazioni dei menhir nordeuropei alle calligrafie arabe; dagli yantra indiani a taluni schizzi leonardeschi) o seguire precise suggestioni matematiche, l'artista sembra captare in profondità una disposizione che fa del nodo - basti pensare all'ambito delle reti comunicative - una delle articolazioni essenziali della contemporaneità.
Se fra le opere esposte allo Studio B2 questa tematica si manifesta allo stato nascente, il suo emergere rende la misura di una creazione in perpetuo divenire. Indispensabile per chi è rimasto sensibile all'ammonimento di Tapié: L'AVVENTURA E' ALTROVE E ALTRIMENTI.

s.r. (febbraio 2002)





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