Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





LUCIANO LOVISOLO

Luciano Lovisolo ha inaugurato, giorni fa, il nuovo studio in Salita San Matteo, a qualche metro dalle logge che si affacciano lateralmente su Palazzo Lamba Doria. L'evento - alla cui componente schiettamente privata si è affiancato un risvolto "pubblico" non superfluo in una città assai poco incline a celebrare i propri artisti, a dispetto dell'impegno che molti di essi dispiegano per metterne a fuoco il carattere - diviene occasione per riflettere sulla vicenda di questo artista.
Del percorso (non breve ma lineare, equilibrato fra immediatezza espressiva e attenzione agli svolgimenti storici dell'arte, secondo quanto nota, in un testo recente, Gianfranco Bruno) intrapreso nei primi anni Cinquanta, dopo il compimento degli studi di belle arti iniziati a Parigi presso Jean Wielhorski e proseguiti all'Accademia Ligustica, con frequenti collettive ed una personale tenuta (con Alf Gaudenzi e Mario Schiaffino) nel 1958 nel foyer del Politeama Genovese, sarebbe troppo lungo dire.
Limitandoci all'attività espositiva svolta nell'ambito genovese, sono da rammentare - oltre alla partecipazione al "Gruppo dell'Acquasola" - le personali del 1969 alla Galleria Carlevaro, con presentazione di Mario De Micheli (che ne analizza l'opera in rapporto al Realismo americano degli anni '20) ed alla Cesarea nel 1974 (testo in catalogo di Franco Solmi che ne interpreta la ricerca come un'"arte d'immagine" prossima agli esiti di Cremonini e di Plattner), le due recenti esposizioni da Rotta nell'82 e '84, incentrate rispettivamente sui temi della natura e di Genova nonchè - infine - la presentazione della monografia concernente l'opera grafica avvenuta lo scorso anno al Museo di Villa Croce.
Le opere raccolte nello studio documentano le fasi dell'evoluzione dell'autore, dai primi disegni esposti nel 1953 all'Accademia ai Rottami degli anni '70, che rivelano l'attenzione rivolta ai paradigmi della Nuova Figurazione, sino al momento presente, caratterizzato dallo sforzo di coniugare l'ispirazione naturalistica con l'articolata spazialità dell'"interno", perseguito in una sequenza di grandi tele in cui sembra attenuarsi in modalità più distese quel "processo di disseccamento (o di riduzione essenziale) dei fatti di natura" (Faggi) che costituisce comunque la cifra autentica di Lovisolo.

s.r. (1987)





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