Hozro: materiali sulle arti visive a Genova



 

 

L'IRLANDA DI CAMINATI


Per una bizzarria della sorte, certo non sgradita ma del tutto imprevedibile, ad Aurelio Caminati é toccato assumere, alle soglie dei settant'anni, la veste ufficiosa del "pittore laureato". Il successo riportato nel concorso per gli affreschi da realizzare nel foyer del nuovo Carlo Felice ne ha in certo modo istituzionalizzato la figura, a dispetto di un'inafferrabilità che la carriera testimonia efficacemente.
Sin dagli esordi, nell'immediato dopoguerra, l'artista sembra aver assunto una collocazione eccentrica rispetto alle tendenze dominanti, pur incrociandone le linee portanti. Lo troviamo così, in pieno Neo-realismo, raffigurare i letti sfatti delle case di piacere, un soggetto decisamente non inquadrabile nell'ottica d'impegno politico e sociale oltre che artistico propugnata da Guttuso e compagni. E, più tardi, negli anni '60, praticare disinvoltamente la dimensione combinatoria del "falso ideologico", demistificatrice avant-la-lettre di tutti i citazionismi venuti in auge durante il decennio scorso, assemblando nel quadro brani pittorici di autori ed epoche differenti. O tuffarsi insieme Claudio Costa in un tentativo di riappropriazione dell'antropologia contadina, con il Museo di Monteghirfo, dove esegue nel 1975 "Controprocesso", la prima delle "trascrizioni animate" tramite cui in seguito si calerà nella "pelle" delle pitture di Magnasco, del Cerano, di Tintoretto, per animarne grazie ad "attori-oggetto … i colori, le forme, gli spazi, i movimenti, i toni".
Dopo una virtuosistica ripresa delle discipline tradizionali, succeduta alle invenzioni tecniche del momento iperrealista (quando lo si vedeva realizzare i suoi quadri utilizzando una gomma montata su un trapano da dentista), in quest'ultimo scorcio di tempo l'autore sembra aver liberato una vena più spontanea, di cui la mostra in corso nello spazio di Caterina Gualco attesta la felicità.
Il modello vincolante rappresentato dell'impronta memoriale dell'arte (barocca, fuselianamente visionaria, neoclassica) sembra esser stato accantonato in favore di un'immediatezza creativa originata dai soggiorni irlandesi iniziati nel 1994, nell'ambito del Cill Rialaigh Program. "In quel paesaggio forte, il potente Atlantico davanti, con il vento, il colore del cielo e del mare in continuo mutamento … mi sentivo nascere dentro una forza fantastica". Qui il ritrovamento di un vecchissimo tronco "colmo di muffe, con i colori che si avvicinavano alla pietra" fornisce lo spunto alla nascita di un primo, grande pannello. Altri reperti, pietre, cortecce, licheni, entrano nei lavori susseguenti, dove gli sfondi accesi di rossi, di verdi, di gialli, percorsi da pennellate impulsive, incorniciano stele dorate dietro ai quali s'intravedono mostri preistorici e figure allacciate.
Se le immagini evocano una natura selvaggia e favolosa, la menzione d'Apollo espressa in uno dei titoli accenna ad un sotterraneo operare del mito. Il "movimento del magma-colore" trova così una risonanza che travalica il puro dato visuale.
Probabilmente chi fosse travagliato da filologici rovelli avrebbe a ridire sull'apparizione d'un dio greco nella terra dei druidi. Ma possiamo esser certi che la replica di Caminati non si discosterebbe molto dalla chiusa del suo testo in catalogo: "Non è magico tutto questo?"

s.r. (marzo 1998)





HOME PAGE

ARCHIVIO ARTISTI

MOSTRE A GENOVA