Hozro: materiali sulle arti visive a Genova



 

 

I PAESAGGI SENZA QUALITA' DI JEAN-MARC BUSTAMANTE


 

"Mi vedo vivere in un'epoca di noia", dichiara in un'intervista Jean-Marc Bustamante, "un tempo in cui le questioni importanti sono ormai definite". Ma questa presa d'atto, che pure si esten­de al mondo dell'arte ("Oggi non mi aspetto dall'arte rivolgime­nti o proposizioni "radicali". In quest'ambito i giochi sono chiusi") non implica per lui il riflesso cinico che si manifesta nel recupero di linguaggi esauriti, bensì una sorta di concen­trazione malinconica che gli permette di staccare lo sguardo dal panorama affollato di oggetti-feticcio e di simulacri, per ela­borare "cose" dotate d'una presenza meno perentoria, minimale. Cose che situandosi in disparte consentono un passare al di fuori, "fuori dell'io, delle fissazioni immaginarie, per libe­rare la sostanza possibile d'un futuro".

Nel suo percorso, l'artista francese (nato a Tolosa nel 1952) è passato da una ricerca fotografica, in cui alle soglie degli anni '80  aveva sviluppato un tentativo di utilizzare l'immagine come puro materiale ritraendo "paesaggi senza qualità", ad una sperimentazione più ludica e discontinua sull'oggetto condotta in collaborazione con Bernard Brazile. Per giungere nel periodo più recente, che lo ha visto affermarsi con mostre alla Kunst­halle di Berna nel 1989,e quindi al Museo Haus Lange di Krefeld, alla De Appel Foundation di Amsterdam e all'ARC di Parigi nel '90, ad un lavoro sugli "interni" e infine, di nuovo, ai "pae­saggi" che costituiscono il tema della personale in corso alla Locus Solus sino a fine novembre.

Si tratta di strutture in cemento, superfici rettangolari chiuse in lunghezza da elementi metallici verniciati di minio, compli­cate da raddoppiamenti, da accenni di svolte ad angolo retto; di riquadri metallici nel cui spessore sono praticate aperture in progressione decrescente di misura.

Materiali pesanti, anonimi, che nella loro frontalità sembrano invitare lo sguardo ad uno scorrimento orizzontale. Brani archi­tettonici comuni e al tempo stesso ignoti, enigmatici sebbene privi di profondità, la cui resistenza oggettiva trascende la monumentalità fittizia per divenire "fattore di relazione fra soggettività", luogo dell'arte per eccellenza.

s.r.  (1990)





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