Hozro: materiali sugli artisti liguri





PRE-BOETTI

Il lavoro di scavo attorno alle radici dell'Arte Povera, avviato da Marco Meneguzzo e Paolo Thea all'inizio dello scorso anno, con l'allestimento di una specifica rassegna al P.A.C., ha senza dubbio contribuito a riaccendere l'attenzione per uno degli scorci temporali più complessi, quanto a varietà d'opzioni, della vicenda contemporanea delle arti, le cui peculiarità venivano nel contempo attualizzate anche in virtù dei concomitanti revivals di Fluxus e dell'Internazionale Situazionista: il tournant post-informale dei primi anni '60.
Ma, sebbene incentrata sull'esame di una singola direttrice di sviluppo ("Verso l'Arte Povera", appunto) e ristretta al solo ambito italiano, la ricerca non sembra potersi dire esaurita sin da questo suo primo episodio. Se, infatti, è sufficientemente nota l'attività di autori quali Merz, Kounellis, Paolini, Pistoletto negli anni fra il '60 ed il '67, assai meno conosciuto risulta il laboratorio di quegli artisti le cui prime prove pubbliche hanno luogo nella cornice del nuovo raggruppamento.
E' il caso - fra gli altri - di Alighiero Boetti del quale è stato di recente rintracciato ed esposto a Genova, presso lo Studio Leonardi, un consistente gruppo di lavori inediti (chine su carta) realizzati nei primi mesi del 1965, a ridosso, quindi, della produzione già connotata in senso poveristico.
I soggetti (lampade, microfoni, telecamera, griglia, un pettine, minuziosamente profilati) riconducono queste opere all'ambito di quelle "poetiche dell'oggettualità", consuetamente interpretate come una risposta, peraltro disomogenea, di parte significativa della giovane artisticità italiana dell'epoca alle sollecitazioni emergenti da fenomeni quali la Pop Art ed il Nouveau Realisme, indicate altresì come una delle componenti primarie del contesto di formazione del fenomeno Arte Povera.
Accostabili per taluni aspetti (come l'impiego della silhouette, d'altronde largamente utilizzata in quegli anni - sia pur con differenti obiettivi - anche da Pistoletto e Paolini) agli esiti coevi di Mondino e Nespolo, questi lavori se ne distaccano per la mancanza di tratti ludici, per una sorta di anonima essenzialità d'immagine che contraddice la (sovente) chiassosa parvenza pop e segnala il concentrarsi degli interessi dell'artista per la serialità dell'oggetto e la modularità dell'industrial design che - in un'ottica sovvertita e defunzionalizzata - affiorerà in opere immediatamente successive come la serie degli "Zig-zag", "Ping pong" (1966) o la catasta di tubi Eternit presentata nel '67 alla Bertesca in "Arte povera e im-spazio", la collettiva d'esordio del gruppo.

s.r. (1990)





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