Hozro: materiali sulle arti visive a Genova





GINO BARBINI

A Gino Barbini non piace che le cose vadano bene, che filino senza intoppi lungo un tracciato prevedibile. Persuaso che disordine e ignoranza (intesa come non premeditazione dei risultati) costituiscano i presupposti fondamentali dell'esperienza estetica, cerca - quando ormai sente vicina la stazione - di far deragliare il treno. E' così che dalle iniziali formulazioni geometriche, ancora influenzate da una concezione logica, troppo esplicita, della pittura, é passato - in un gioco di rimandi fra sperimentazione tecnica e riflessione teorica - ad un'accorta pratica dell'imprevisto, realizzata attraverso l'impiego dei materiali (tela, colore ecc.) in condizioni di rischio. O dilatando all'eccesso i tempi di esecuzione così da sovrapporre, nel quadro, stati d'animo diversi, idee e gesti alterati dal tempo.
Frattanto il suo approccio all'arte é divenuto - in odio alle cifre stilistiche ed all'angoscia del nuovo - omnivoro, proiettato al di là di ogni schema. Si può dipingere qualsiasi cosa: una macchia, un insetto, un pennello da barba. Tutto può essere accostato a tutto, purché veramente c'interessi farlo. Le stesure possono stratificarsi, con effetti patchwork. Nei vuoti rimasti fra segno e segno possono allogarsi pigiami, voli di farfalle, giocattoli: assembramento virtuale di quotidianità e stupore.

s.r. (1986)





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